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La repressione di comportamenti direttamente lesivi di interessi fiscali, si concretizza nella contestazione di quelle condotte che rientrano tra i “reati tributari”, quali la dichiarazione infedele, fraudolenta o omessa; l’omesso versamento IVA; l’omesso versamento ritenute previdenziali e assistenziali; l’emissione di fatture.

  • Assistito Francesco*, imprenditore, XX anni
  • Esito ottenuto Assoluzione dell’imputato
  • Categoria Reati Tributari

Il fatto


Francesco, imprenditore e rappresentante legale di una società, non aveva versato l’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale per un ammontare di oltre 330.000 euro, entro il termine previsto per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo.
Pertanto, viene imputato per il reato di cui all’art.10 ter d. lgs. 74/2000, che prevede la reclusione da sei mesi a due anni per chiunque non versi, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta.

La linea difensiva


E’ stata provata la totale assenza dell’elemento soggettivo del reato in capo a Francesco, in quanto non vi era una preordinazione dell’illiquidità finalizzata a non pagare l’IVA.
L’imprenditore si era trovato sprovvisto di liquidità a causa dell’inadempimento dei crediti da parte del suo cliente principale.
Decisivo è stato il parallelismo tra lo Stato ed il settore privato, in quanto, nel settore pubblico, non vi è dubbio che se un imprenditore non versa l’IVA allo Stato rischia il carcere, mentre in quello privato l’inadempimento delle obbligazioni non determina tale rischio, provocando la sofferenza economica che spesso impedisce di adempiere i debiti fiscali.
In conclusione, all’esito dell’istruttoria dibattimentale, è stata pronunciata sentenza di assoluzione dell’imputato “perché il fatto non costituisce reato”.