INFO
La responsabilità medica è la responsabilità professionale di chi esercita un’attività sanitaria per i danni derivati al paziente da errori, omissioni o in violazione degli obblighi inerenti all’attività stessa. Si ha responsabilità medica quando sussiste un nesso causale tra la lesione alla salute psicofisica del paziente e la condotta dell’operatore sanitario in concomitanza o meno con le inefficienze e carenze di una struttura sanitaria.
- Assistito Guglielmo*, medico ginecologo, XX anni
- Esito ottenuto Assoluzione perché il fatto non sussiste
- Categoria Colpa Medica
Il fatto
Una donna alla 41ma settimana di gestazione, si recava presso una clinica privata per la nascita di suo figlio. Nonostante l’esito positivo degli esami di routine, sorgevano notevoli difficoltà nell’estrazione del feto, che costringevano Guglielmo, ginecologo di fiducia della donna, ad utilizzare per ben due volte la ventosa. Tale manovra non sortiva effetto positivo, richiedendo l’intervento di un altro sanitario che mediante l’utilizzo del forcipe riusciva ad estrarre il feto. Nonostante gli sforzi dei sanitari, il piccolo è purtroppo deceduto a poche ore dalla nascita a causa di un gravissimo trauma cranico e le complicanze ad esso correlate.
Guglielmo, veniva indagato per omicidio colposo in quanto ritenuto principale responsabile della morte del neonato per aver posto in essere una condotta negligente, imprudente ed imperita.
La linea difensiva
La difesa ha dimostrato l’assoluta innocenza dell’assistito mettendo in evidenza come l’applicazione della ventosa non è una pratica scorretta, anzi nel caso di specie era stata necessaria proprio per consentire l’abbassamento della testa fetale al piano perineale,e quindi rendere più semplice l’estrazione. Appena la festa fetale è scesa nello scavo pelvico al piano perineale, il feto doveva essere estratto necessariamente per via vaginale mediante l’applicazione del forcipe. Tale linea difensiva è stata confermata anche dal perito nominato dal Giudice, il quale ha concluso che proprio l’applicazione della ventosa, non esercitando un’azione compressiva diretta, non può aver determinato quelle fratture craniche che sono state la causa della morte del neonato. È stata, quindi, affermata l’insussistenza del nesso causale tra la condotta contestata al medico e le fratture riportate dal piccolo, con emissione di sentenza di non luogo a procedere.